Ecco i personaggi fantastici, i giganti, gli omini che percorrono lo spazio a rievocare antiche e nobilissime imprese.Figure in molti casi al limite dell’ evanescenza, dipinte con una materia che si manifesta alla percezione come trasparente ma che di fatto è solidissima e brillante. Tutto in lui è aereo, sognante, visto come in uno spazio e un tempo remoti che ci accompagnano ma vengono da un altro mondo. Migliozzi è forse la migliore dimostrazione di come la filologia e la poesia possano essere considerate scienza sorelle. Ma è lecito parlare della poesia come se fosse veramente una scienza?


Nell’ ottica di un artista come Migliozzi, si. Anzi proprio in questa precisione, in questa peculiare analisi della materia e dell’ iconografia risiede il fascino solenne e semplice insieme delle creazioni di Migliozzi che sono effettivamente frutto di una filologia rigorosa e di una fantasia altrettanto libera. La figura del divino poeta Omero, che si vede in una bellissima pietra lavica, riverbera il suo influsso su tutte le altre immagini che sembrano da lui scaturite. I soggetti sovente sono la poesia stessa, il tempo e la sua opera, l’ amore nell’ ottica ovidiana, il viaggio di Ulisse emblema supremo di questo modo di pensare l’ arte, l’ ispirazione, il riposo, l’ intesa, la maschera, l’ urlo profetico. Quest’ultimo tema è mirabilmente espresso in un’opera di alta qualità esecutiva, che funge quasi da commento alle altre immagini pompeiane culminanti nella figura del grande intercessore che sembra generare i suoi personaggi per proiettarli poi nell’ universo poetico dell’ arte stessa, ancora rispecchiato nelle notevoli ceramiche, complemento necessario di una mostra che è in sostanza un grandioso autoritratto che ci permette di guardare in volto un autore che pensa tutta la sua opera come una gigantesca profezia, volta a fare del bene ai fruitori e a predisporli a un viaggio nel Tempo foriero di benessere e soddisfazione profonda.

Claudio Strinati