PRESENTAZIONE - MARCELLO CARLINO


Non v’è alcun dubbio che la materia con la quale lavora Nicola Migliozzi abbia un grande fascino. La pietra lavica, infatti, racchiude in sé una dimensione archetipa, perché ci riporta al fuoco, al cuore della terra, ai territori ancestrali e alla fertilità vivificante, a ciò che è prima di ogni storia e a ciò che poi, nella storia dell’uomo, ha fortemente inciso segnandone gli eventi decisivi e modificandone il corso. E la pietra lavica, dura com’è, tanto che si è indotti a ritenerla refrattaria e indistruttibile, indica a prima vista e mette in esponente la necessità artigianale e la fatica del lavoro e ristabilisce - quando sia usata, quando sia prestata all’impegno della rappresentazione nel linguaggio
dell’arte - proprio il giusto nesso tra formalizzazione artistica, tecnica e
lavoro: di fatto, le opere di Nicola Migliozzi, realizzate con la pietra lavica, sono precedute da una lunga sperimentazione tecnica e non ne possono prescindere e non sarebbero tali senza modalità e ritmi di lavoro che è la stessa materia a suggerire, a richiedere, a volere come in una sfida. Potrebbero essere varie, e tutte profondamente motivate, le ragioni per le quali Migliozzi ha scelto di servirsi della pietra lavica per la sua pittura-scultura: per la geografia antropologica e culturale della sua appartenenza, che insiste sui vulcanismi e vi riconosce il dna della sua storia di alterne, contrastanti fortune; per il fascino trascinante dell’energia della materia che, dall’esplosione all’effusione, dall’incandescenza al raffreddamento, segna e scandisce in ogni sua fase la mineralizzazione complessa e policroma conseguente all’attività vulcanica; per una volontà di ricerca plastica e di messa in prova di modellato e colore che si ritengono imprescindibili nel mestiere dell’artista (ne sono, in qualche misura, il movente e il fine conoscitivo) e che proprio l’impiego di materiali così inusuali e misteriosi richiede con forza e fomenta. Certo è che Migliozzi ama sperimentare e che ad una pronunciata intenzione sperimentale (che sa di nobile, antica sapienza artigianale) si debbono tanto la mobilità delle sue opere, che ridefiniscono ogni volta le loro forme, quanto prim’ancora il darsi convegno di procedimenti pittorici e di tecniche di impasto e di modellazione: quelli - i procedimenti pittorici - evidenti nel piacere
intenso del colore e nel rasciugarsi del tratto fino allo stiacciato di una linea bianca di disegno; queste - le tecniche di impasto e di modellazione - esposte nell’ispessirsi e nel corrugarsi materico della superficie e insieme nel suo fendersi e nel suo disseminarsi di faglie al fuoco della cottura.